I naufraghi di Lisanza salvati da un’altra imbarcazione. Il racconto di Matteo Dellavedova

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Sono stati alcuni amici che tornavano da un giro in barca a salvare diciannove delle persone finite in acqua ieri a Lisanza dopo il naufragio dell’houseboat sulla quale viaggiavano.
Matteo Dellavedova, Samuel Panetti e Alessandro Crespi di Parabiago, esperti di lago e di navigazione, stavano rientrando con amici da una gita a Ranco: “Ad Angera è arrivata la bomba d’acqua e grandinava quando di fronte alla marina di Lisanza mi è sembrato di vedere una boa. La visibilità era di un metro, avevamo la grandine anche negli occhi. Mi sono reso conto che era la testa di un uomo, aggrappato a un pezzo di legno.

Mi sono guardato attorno e ne ho visti altri, tutti attaccati a pezzi di una barca che ormai non c’era più. Gli abbiamo lanciato tutto quello che avevamo di galleggiante, io mi sono anche tolto il giubbotto. Ma tutti non potevamo caricarli a bordo. Uno di loro stava annegando, lo abbiamo portato sulla barca e gli abbiamo fatto il massaggio cardiaco. Abbiamo pensato di fare la spola con la riva, ma temevamo che così un’altra barca avrebbe investito le persone in acqua dato che la visibilità era minima. Visto che c’era un nostro amico vicino ad Angera, ci siamo fatti seguire dalla sua barca e lui ha caricato gli altri. Erano sfiniti, hanno resistito perché c’eravamo noi. Il primo che ho caricato mi ha detto che aveva visto due morti”. L’acqua era fredda, 16 gradi. Se non fossero passati Dellavedova e gli amici, probabilmente non ce l’avrebbero fatta. Le persone sono state così portate in salvo a Lisanza e Piccaluga, dove c’erano già le ambulanze nel frattempo allertate.

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