Marco Della Vedova sui social: “I giovani ciclisti devono poter finire le loro gare”

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Uno che è stato corridore professionista per sette anni, uno che è direttore sportivo ed ha guidato alcuni dei migliori ‘prof’ del ciclismo italiano (ne citiamo solo alcuni; Ganna, Felline, Sobrero, Piccolo ma ce ne sono altri), uno che è ‘Ispettore di percorso’ delle gare di Rcs Sport (quindi Giro, Sanremo, Tirreno, Lombardia eccetera), il ciclismo lo conosce bene. E quindi vale la pena ascoltarlo. Marco Della Vedova, mergozzese, non è nuovo ad intervenire per denunciare o meglio segnalare qualcosa che non va bene e lo ha fatto anche di recente, con un post facebook. Ne riportiamo alcune parti: <Oggi mi hanno girato gli ordini d’arrivo di una gara di esordienti con 298 iscritti e 278 partenti; quindi, ho pensato che per essere la prima gara, il movimento c’è. Poi ho visto gli arrivati: 44, così divisi; 17 per i primi anno, 27 per i secondo anno>. Numeri ovviamente e clamorosamente inferiori a quelli di partenza; solo 44 corridori del 278 partenti hanno tagliato il traguardo in corsa, Della Vedova prosegue col suo post: <Ho pensato che tenere una gara lunga ovviamente è difficile (in gergo significa mantenere in corsa anche i gruppetti staccati, con maggiore lontananza dal mezzo ‘apricorsa’ al cosiddetto ‘fine gara’; ndr) ma i primo anno hanno corso 45 minuti di gara ed i secondo anno 52 minuti di gara. Come possiamo avvicinare giovani al ciclismo su strada se troviamo queste situazioni? Come può un genitore partire da Domodossola, da Cuneo, da Trento farsi 12 ore in giro e vedere il proprio figlio fare 5 o 10 km di gara? In altre nazioni questo non succede, chi organizza deve essere in grado di farlo bene, un ragazzino almeno fino a Juniores deve avere la possibilità di finire la sua prova, in tutti gli sport è così>. Insomma, un segnale chiaro. Non è giusto secondo Della Vedova vedere che i ragazzini, ovviamente quelli meno preparati, quelli meno forti, vengano fermati da direzione o giuria, dopo pochi chilometri perché perdono da subito contatto con la testa. Ingiusto nei confronti dei piccoli atleti che vanno portati al traguardo (soprattutto in corse che non durano nemmeno un’ora), non è giusto nei confronti di quei genitori che portano a correre i propri figli facendo chilometri e chilometri. Il mergozzese ha anche una ricetta. <Invece di spendere soldi in tante premiazioni per ragazzini di 14 anni, con certi i genitori che pensano di avere dei campioni, diamo la possibilità a tutti di fare questo sport fantastico, non facciamolo diventare sport per pochi e solo per i più forti o più allenati. Facciamo magari meno gare ma organizzativamente più qualità: in Svizzera organizzano la metà della metà delle nostre corse ma in percentuale hanno più corridori>. Il discorso è chiaro; tutti i ragazzini, anche quelli staccati, devono finire le loro corse, la selezione naturale arriverà col passare degli anni e saranno gli stessi ragazzi o ragazze a capire se per loro ci sarà un futuro a pedali. Certo; è un discorso condivisibile ma anche dalle varie sfaccettature soprattutto se lo si guarda dal punto di vista degli organizzatori: spesso le responsabilità sono tutte addosso ad un uomo solo (il direttore di organizzazione), i rischi sono tanti, le strade vengono ‘concesse’ per un limitato spazio temporale (anche se ‘chiuse’ solo per i pochi attimi del passaggio della corsa) e magari a volte per far quadrare i costi organizzativi sempre esosi si cerca di risparmiare magari sui mezzi tecnici; moto soprattutto, che poi dovrebbero scortare i gruppetti in ritardo. Per questo si tende a ‘stringere’ la corsa troppe volte limitata al solo gruppo di testa o ai primi inseguitori. Qui ci starebbe una maggior ‘qualità’, per tenere aperta la gara di tutti sino al traguardo. Insomma, il post di Marco Della Vedova ha messo tanta carne al fuoco; varrebbe la pena sedersi ad un tavolo: organizzatori, società e federazione, per fare una chiacchierata.

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