«Colmare un gap storico», è questa la frase pronunciata dal sindaco di Invorio Flavio Pelizzoni per presentare il progetto «Casa della Memoria Perduta».
Cosa successe esattamente in Italia nel periodo che dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e dalla caduta del fascismo porta alle stragi messe in atto da gruppi neofascisti negli anni ’60 e ’70 nell’ambito della strategia della tensione?
Qual è il filo che collega questi due punti della nostra storia nazionale? Da questa esigenza di verità nasce l’iniziativa “Casa della Memoria Perduta”, voluta e portata avanti dai ragazzi della Consulta Giovanile di Invorio.
In particolare, sono stati Cecilia Pedullà, Elena Gentina, Filippo Manzini e Michele Lopez a presentare le linee guida del nuovo progetto, grazie anche all’intervento di personalità di rilievo quali l’avvocato Luigi Mariani.
Proprio dall’incontro e dai dialoghi avuti con Luigi Mariani (testimone d’eccellenza delle vicende dell’epoca e avvocato di Pietro Valpreda) è nata nei ragazzi promotori dell’evento la consapevolezza «il filo storico della memoria potrebbe spezzarsi e impedire la ricostruzione del nostro passato».
Quel filo diventa una matassa intricata nel corso degli anni ’60, durante i quali – sempre citando le loro parole – «settori importanti dello Stato,
insieme ad alcune forze politiche italiane e straniere, attuarono la strategia del terrore con l’obiettivo di un rivolgimento della democrazia italiana». Riferendosi in particolare alla strage di Piazza Fontana, ciò che successe il 12 dicembre 1969 ha avuto un lungo periodo di incubazione e va iinserito in una cornice precisa. Gli elementi di cui è composto questo periodo di incubazione e i confini della cornice sono la materia di studio di questa nuova “Casa della Memoria Perduta”.