Bocciata in Consiglio regionale la proposta di legge sulla prevenzione dell’azzardo, Attinà: “Un’occasione persa”

“La bocciatura in Consiglio regionale della proposta di legge di iniziativa popolare sul contrasto e la prevenzione al gioco d’azzardo patologico, che aveva raccolto più di 12mila firme, è una occasione persa”. Lo afferma il presidente dell’Ordine degli Assistenti Sociali del Piemonte, Antonio Attinà, che sottolinea come l’occasione sia persa “non solo nell’ambito degli interventi di cura, ma anche per quanto riguarda gli interventi di prevenzione e reinserimento sociale e lavorativo”. “In Piemonte – ricorda Attinà – si sono succedute due leggi sulla regolamentazione del gioco d’azzardo, una nel 2016, e una nel 2021 che ha smantellato l’impianto normativo precedente. L’Ordine nel giugno 2021 partecipò alla consultazione sul disegno di legge regionale mettendo in evidenza diverse criticità, tra cui per esempio l’annullamento del distanziometro. Più volte i professionisti dell’aiuto sono intervenuti sul tema, sottolineando i rischi che eventuali scelte orientate verso una linea più morbida potevano produrre, vanificando i risultati ottenuti dalla normativa del 2016”. “Il contesto storico nel quale viviamo – aggiunge – sta evidenziando chiaramente un aumento delle fragilità cui il gioco d’azzardo patologico concorre in modo significativo. La bocciatura di questa proposta credo sia un’occasione persa: il costo sociale che pagano le famiglie, soprattutto le più fragili, è enorme, tuttavia non bisogna darsi per vinti”. Libera che la proposta di legge l’aveva avanzata ha commentato : “Su ludopatia schiaffo del centrodestra ai più fragili
‘Proposta legge da noi promossa affossata senza motivazione’ Il consigliere Claudio Leone, relatore di maggioranza, si è limitato a chiedere il voto contrario dell’assemblea, mentre il capogruppo leghista Alberto Preioni ha rivendicato il sostegno al settore economico del gioco legale, dipinto ingiustamente come popolato da delinquenti e riciclatori al servizio della criminalità. Ma questi alibi non rispondono alle puntuali argomentazioni della campagna pubblica, fondata sui dati e sull’esperienza degli operatori sociosanitari.