Si sa che gli appassionati vogliono sempre di più. Nei mesi che precedono le presentazioni del Giro d’Italia (ma anche Tour de France o della Vuelta a Espana) sui forum e sui siti specializzati oltre che a succulente e veritiere indiscrezioni spiccano i sogni di tifosi o affini che vorrebbero 21 tappe tutte proibitive in barba al fatto che per disegnare una corsa a tappe servono equilibrio ed il pensiero che, poi, qualcuno le deve pure correre possibilmente senza farsi venire un colpo. Tra i tanti commenti sotto i nostri articoli di presentazione della tappa, oltre a qualche espressione colorita per la verità abbastanza sfrontata (e non sempre accettabile, per la verità) ed i festeggiamenti inerenti al “finalmente almeno asfaltano” è partito il classico: “Perché non passano sul Mottarone”? “Come si fa a non rifare il Monte Ologno”? “Senza la Segletta che tappa è? “Perché non si passa sull’Alpe Ompio”? Perché su, perché giù eccetera eccetera. Si, certo, le precedenti esperienze del Giro a Verbania hanno visto nel 1952 (ma era un altro ciclismo) il Sempione nel finale, nel 1992 la Colma e la Segletta, nel 2015 il Monte Ologno, che tutti conoscevano come salita della ‘Trarego Colle’ e pensandoci bene quando il Giro è arrivato da queste parti ha quasi sempre celebrato la salita salendo in Formazza, salendo sul Mottarone o a Macugnaga. Proviamo a spiegare il perché gli organizzatori del Giro d’Italia abbiano optato per una tappa del genere, meno dura rispetto alle altre. L’idea del Giro nel Vco era nata sulla scorta di due frazioni che erano ‘papabili’ nella prima idea di tracciato. Quella elvetica di Carì (che era stata pensata in maniera differente, molto più dura, rispetto a come sarà) ed una in terra varesina (che, a quanto pare, potrebbe esserci nel 2027) ‘tutta tempestata’ di salite della zona. Insomma, agli organizzatori serviva un arrivo da queste parti, una tappa quasi cuscinetto e dopo i primi contatti intercorsi con qualche ‘tramite’ hanno trovato in Verbania (e nella Regione Piemonte) le porte aperte. Saltata l’idea del varesotto, confermata quella elvetica e alla vigilia di un tappone valdostano è rimasta in piedi l’opzione Vco, per una tappa che, dicono gli insider, avrebbe anche potuto essere per velocisti (eh, ok; dove lo piazzi a Verbania un arrivo per velocisti?) ma che poi si è convenuto di rendere un pochino più spettacolare inserendo la salita di Ungiasca, preferita ad altre erte brevi e logisticamente un pelino meno praticabili, che potesse rendere il finale maggiormente scoppiettante. Ecco perché non ci sono salite lunghe; perché a Verbania in questa occasione arriverà una tappa di quelle che non stuzzicano gli uomini di classifica ma quei corridori che sono in gara per puntare al traguardo parziale di giornata, tappa che non sarà meno spettacolare e che non dovrebbe avere modifiche, aggiunte o cambi; nessuno si illuda. Ogni corsa a tappe, lo ripetiamo, deve avere il suo equilibrio; poi certo che una tappa che per assurdo avesse nel tracciato Mottarone, Ologno e Segletta, provocherebbe un altro tipo di corsa ma non per questo la tappa lacuale sarà meno scoppiettante. Un’ultima cosa: ovvio che chiunque vorrebbe il Giro nei posti del cuore ma, ahinoi, in certi posti come per esempio all’Ompio, un carrozzone grosso ed impattante come il Giro d’Italia proprio non lo si può portare, Portate pazienza.
