La riproduzione del cancello di Auschwitz – un simbolo forte – davanti al monumento ai caduti in piazza. Messaggi appesi, tanti lumini accesi.
Vogogna ha commemorato la Giornata della memoria con due giorni di iniziative organizzate dalla Parrocchia Sacro Cuore di Gesù col patrocinio del Comune. Una celebrazione che si ripete da tempo, quest’anno forse resa ancora più visibile.
Ieri la processione dalla chiesa parrocchiale, i partecipanti sono stati invitati a portare un cero che è stato posato al monumento abbinato al nome di un deportato. Persone internate, storie di tanti uomini e donne e di sofferenze custodite in una vecchia valigia. Nomi uno accanto all’altro, illuminati dai ceri, contro l’oblio. Alla processione hanno partecipato genitori, nonni, ragazzi.
Oggi durante tutta la giornata la lettura del libro “Il grande diario. Giovannino cronista del lager” di Giovanni Guareschi. Ancora l’accensione dei ceri che sono andati ad aggiungersi a quelli del giorno precedente. E poi tanti pensieri che sono stati appesi al cancello, per essere letti da tutti, per invitare a riflettere; gli stessi verranno poi raccolti e consegnati alla messa di domenica.
Accanto la divisa a strisce con la stella di David, il filo spinato del lager, le scarpette rosse numero ventiquattro, un numero che resterà per l’eternità perché quel piedino non crescerà più, scarpe quasi nuove, “perchè i piedini dei bambini morti non consumano le suole” recita la poesia di Joyce Lussu.
Alla giornata odierna hanno preso parte la cittadinanza e i ragazzi delle scuole vogognesi arrivati con i loro insegnati con i quali avevano preparato riflessioni sulla Giornata della Memoria.
Il parroco don Nicola Salsa spiega il significato delle iniziative: <Non una commemorazione “che bisogna fare” ma una giornata che è occasione per sensibilizzare e sensibilizzarsi su un tema che non riguarda il passato con il male sempre presente nel mondo. Nel nostro oggi non dobbiamo abbassare la guardia – ha aggiunto don Nicola – , non dobbiamo fare l’errore di pensare che non ci riguardi, che il dolore altrui, anche lontano, non ci tocchi>.