Sono partiti in questi giorni gli interventi di taglio della felce aquilina nel Parco Nazionale della Val Grande con lo scopo di ripristinare l’habitat di pascolo originario, un ecosistema in grado di stoccare grandi quantità di carbonio nel sottosuolo.
L’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera terrestre è tra i principali responsabili del rapido cambiamento climatico. Per contrastarlo il Ministero dell’Ambiente ha avviato dal 2019 un programma dedicato. Nell’ambito di questo il Parco ha elaborato una serie di interventi tra cui quello volto al ripristino dei pascoli che, oltre a immagazzinare carbonio nel terreno, permettono il contenimento delle emissioni legate a incendi, tenuto conto che il fuoco nelle colonie di felce aquilina si sviluppa molto rapidamente.
In seguito all’abbandono dell’agricoltura montana infatti i pascoli stanno scomparendo inglobati dalla vegetazione pioniera che riduce drasticamente la biodiversità dell’area e la sua capacità di immagazzinare il gas serra.
Il Parco ha individuato due aree di intervento, una all’Alpe Straolgio in Comune di Malesco, su una superficie di circa 4 ettari invasi principalmente da rododendri, l’altra presso Corte Bavarone, in Comune di Aurano, su un’area di quasi 25 ettari colonizzati da felce aquilina. L’intervento appena avviato riguarda quest’ultima zona dove gli addetti stanno rimuovendo la felce in condizioni particolarmente impegnative visto il calore di questi giorni, la pendenza dell’area e le tante specie di insetti presenti in questo periodo dell’anno. Entro la fine dell’estate è previsto un secondo taglio e poi un altro ciclo nel 2025 e nel 2026. A Straolgio si partirà l’anno prossimo.
Le due aree sono state scelte in funzione della possibilità di avere, negli anni successivi, un’attività pastorale in grado di conservare e mantenere nel tempo le praterie migliorate.