Un sogno a occhi aperti. Un’Olimpiade a dir poco meravigliosa quella vissuta dal verbanese Carlo Tacchini, asso italiano della canoa sprint che è riuscito, insieme al compagno Gabriele Casadei, nell’impresa di riportare l’Italia sul podio olimpico in una disciplina che non otteneva una medaglia dal lontano 1960. Erano i Giochi Olimpici di Roma, e nel C2 1000 metri il duo composto da Aldo Dezi e Francesco La Macchia aveva conquistato un mitico argento. 64 anni più tardi, a Parigi, una canadese biposto italiana solca veloce le acque del Vaires-sur-Marne Nautical Stadium, lasciandosi alle spalle, grazie a un recupero quasi miracoloso nei secondi 250 metri, coppie del calibro dei tedeschi Kretschmer ed Hecker (campioni del mondo in carica, arrivati forse un po’ sottotono all’appuntamento olimpico), degli ungheresi Balazs Adolf e Jonathan Hajdu, dei cechi Petr e Martin Fuksa, arrendendosi, con un crono di 01:41:08, solo agli irraggiungibili cinesi Hao Liu e Bowen Ji.
Dopo quest’argento ancor più bello perché inaspettato, la tentazione per Tacchini poteva essere quella di adagiarsi sugli allori, di perdere la giusta concentrazione per affrontare il suo ultimo impegno a Parigi: la semifinale (ed eventuale finale) del C1 1000 metri, distanza sulla quale nel 2016 a Rio De Janeiro era riuscito a ottenere uno storico settimo posto nella finale per l’oro ma che a questi Giochi era stata messa in secondo piano nella preparazione rispetto alla gara di coppia. In semifinale Carlo ha una partenza piuttosto lenta, e scivola immediatamente fuori dalle prime quattro posizioni, le uniche a garantire l’accesso alla finalissima. Al terzo checkpoint Carlo è addirittura settimo, ma è proprio in questi 250 metri che si compie la magia: il verbanese risale, metro dopo metro, pagaiata dopo pagaiata, e chiude la gara con un fenomenale quarto posto, beffando al photo-finish il forte romeno Chirila. All’ultimo atto Carlo si toglie anche lo sfizio di migliorare il suo piazzamento di quattro anni fa, chiudendo quinto dietro ad autentici mostri sacri della disciplina come il primo classificato Martin Fuksa, che si consola della sconfitta patita in C2 conquistando oro e record olimpico in 03:43:16″. Poco male, perché resta a dir poco straordinaria l’avventura olimpica di un ragazzo di ventinove anni di Verbania ormai entrato, per sempre e indissolubilmente, nella storia della canoa italiana.