“Sono un papà che non si rassegna ad aver perso una figlia e la vuole far rivivere. Posso farlo solo raccontando di lei. Non è stato facile, a pochi mesi rimettersi a rivangare nella memoria fresca e fra i ricordi dolorosi. Quando abbiamo un dolore dentro se lo affrontiamo forse lo possiamo dominare. Quando racconto di Giulia mi torna il sorriso, era una ragazza fantastica da tutti i punti di vista, la figlia ideale”. Con le parole di Gino Cecchettin si è concluso ieri il festival Sentieri e Pensieri, che ha portato a Santa Maria Maggiore personaggi di primo piano del mondo della cultura, della politica, dell’attualità, da quest’anno con una nuova sezione, Sentieri e Pensieri 2,0, curata da giovani.
Cecchettin ha presentato il suo libro, “Cara Giulia”, nel quale racconta di una famiglia speciale nella sua normalità, che ha affrontato innazitutto il grande dolore della morte della mamma Monica, che aveva deciso che in cucina non ci sarebbe stata la tv e che si dovesse cenare insieme. “In quei momenti di convivialità abbiamo affrontato tutti i temi della vita, che ha creato un profondo legame, che a volte non si vedeva, come in tutte le famiglie si creano dei dissapori, ma che si è visto dopo, da quando mia moglie si è ammalata” ha detto Cecchettin.
E poi il femminicidio di Giulia, che ha sconvolto tutta l’Italia e che mai come prima ha aperto il dibattito sul tema. E’ stata la figlia Elena, sorella di Giulia, con un post, a portare alla ribalta nazionale il tema del patriarcato. E che lei stessa ha spiegato al padre.
“Filippo poteva accettare il no di Giulia, crearsi una nuova vita. Aveva una scelta” ha detto Cecchettin.
A chi ha criticato la scelta della sorella di Giulia, Elena, di parlare di un dolore che non è una tragedia privata, Cecchettin ha risposto: “Ho capito che Giulia non era più solo mia, perché Elena l’ha portata nelle case di tutta Italia, così, sapendo quello che ho vissuto io e immaginando che altri genitori avrebbero sperimentato i miei stessi sentimenti di dolore ho capito che forse Giulia era diventata un simbolo per un percorso verso una coscienza civile più elevata, che porti a considerare due vite alla stessa maniera, che uomini e donne non predominino l’una sull’altro. Non c’è giorno in cui mi alzi e non pensi a come sarebbe stata la mia vita con Giulia. Dato che non possiamo cambiare il passato, ho voluto scrivere nel libro quello che ho vissuto, le mie domande, i sensi di colpa, l’ultimo regalo a una ragazza speciale. E poi è nata l’idea di una fondazione che sosterrà le associazioni che si battono contro la violenza di genere”.
La fondazione Giulia sarà costituita a novembre e avrà tre scopi: elargire borse di studio, mandare professionisti nelle scuole per far capire cosa è la violenza di genere e aiutare associazioni sul territorio con progetti. “E’ quello che faceva Giulia, lei creava valore. In questi mesi ho incontrato tanti giovani, credo che se c’è una speranza è in loro” ha concluso. La cosa che più mi ha aiutato è aver scelto la battaglia giusta, non contro chi mi ha tolto mia figlia, lasciamolo fare alle persone preposte, per concentrarmi su qualcosa di bello. Vorrei lasciare questo messaggio”.
Gino Cecchettin con “Cara Giulia” ha chiuso la dodicesima edizione del festival Sentieri e Pensieri
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