A mente fredda e a distanza di qualche giorno proviamo a tracciare un bilancio sull’avventura di Carlo Tacchini ai Mondiali di Canoa Velocità e Paracanoa di Milano, conclusisi lo scorso fine settimana.
Un’avventura in chiaroscuro, quella del verbanese, che teneva particolarmente a ben figurare nel suo Idroscalo, l’arena dove aveva disputato il primo mondiale. Tacchini e Casadei arrivavano a disputare i 500 della manifestazione iridata con buone speranze, forti dell’argento olimpico conquistato la scorsa estate a Parigi. Ma gli dèi dello sport sanno essere crudeli, e poco si curano dei sogni dei propri figli che, con dedizione e sacrificio, tentano di costruire giorno dopo giorno la propria storia.
E così basta poco, una partenza un po’ faticosa, una pagaiata meno sciolta rispetto all’armonia perfetta messa in mostra nel 2024 a Vaires sur Marne, una velocità di punta negli ultimi 250 metri inferiore a quella a cui il meraviglioso duo ci aveva abituati negli ultimi mesi. Il sesto posto finale è senza dubbio un risultato meno scintillante rispetto a quanto si aspettavano in primis i due atleti, che avevano ben performato sia in batteria sia, soprattutto, in una semifinale dominata e chiusa in 1:39.79: un crono che, replicato nell’atto finale, avrebbe garantito il secondo posto dietro ai russi Petrov e Schtyl. Ogni gara, non c’è nemmeno bisogno di dirlo, fa storia a sé. È sempre una questione di dettagli e sensazioni, certo, ma anche di destino.
Per Carlo la rassegna iridata si è poi conclusa con il C1 5000, dove dopo una prima metà di gara tra i migliori è calato – comprensibilmente: non era questa la gara su cui aveva puntato – fino al quinto posto finale.
Almeno di una cosa siamo però certi: Tacchini e Casadei sapranno regalarci in futuro tante altre giornate magiche come quelle vissute alle Olimpiadi di Parigi.
